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I “Frying Shortening” e la degradazione termica dei grassi da frittura

Tutti i grassi, sottoposti ad aumenti eccessivi di temperatura, sono caratterizzati da una maggiore reattività tra l’ossigeno e i doppi legami degli acidi grassi, che portano alla rancidità del grasso, all’autossidazione e ad un incremento, almeno nelle fasi iniziali, del numero dei perossidi. [banner]I grassi e gli oli di diversa natura hanno differenti livelli di stabilità nelle stesse condizioni di impiego. Molti sono i fattori causali del deterioramento dei grassi da frittura. Questi fattori sono:

  • il numero di volte in cui lo stesso grasso è usato per friggere gli alimenti ovvero il “tasso di cambio”  dell’olio
  • il tipo di alimenti da friggere e il tipo di frittura
  • la temperatura del grasso
  • il contenuto di acidi grassi insaturi (soprattutto polinsaturi).

Le caratteristiche più importanti di un buon shortening da frittura sono la stabilità dell’aroma, la stabilità al calore, ed in generale la stabilità all’ossidazione.

Se il tasso di cambio dell’olio (turnover) è elevato, si possono usare grassi ed oli non idrogenati. Gli shortening che contengono un livello significativo di acido linoleico (come nell’olio di soia non idrogenato) non dovrebbero essere usati per friggere. Essi sono molto instabili, in termini di ossidazione, e siccome una piccola percentuale in peso penetra nell’alimento si osserva anche la diminuzione della shelf-life del prodotto fritto. Tra questi oli instabili sono da annoverare l’olio di mais, di girasole e cotone. Ovviamente si può ottenere una maggiore stabilità attraverso l’uso di oli meno insaturati come quello di palma.

In più, ai grassi da frittura si richiede un alto “punto di fumo”.“Il punto di fumo” è definito come la temperatura oltre la quale un certo grasso emette del fumo pungente con continuità quando è riscaldato in specifiche condizioni. Esso è il risultato di un incontrollato processo di modificazione che si verifica a scapito dell’olio e che alla lunga, a causa delle alte temperature, produce sostanze volatili come aldeidi, chetoni e alcoli a corta catena che si visualizzano sottoforma di fumo.

Un sistema alimento/olio in fase di frittura è sottoposta a una sorprendente  formazione molecolare:

  1. Innanzitutto l’olio mentre frigge assorbe aria; essa determina l’iniziazione delle reazioni di ossidazione. In questo modo si producono gli idroperossidi, quindi i dieni e trieni coniugati. Queste molecole tendono a  formarsi in quanto la frazione polinsatura degli oli in genere è costituta da acidi grassi con doppi legami isolati da un gruppo metilenico. Durante il processo di frittura può avvenire che alcuni di questi doppi legami traspongano formando degli acidi grassi coniugati in cui il gruppo metilenico scompare.
  2.  I sistemi coniugati  con 3, 4 o più doppi legami  sono molto instabili e possono reagire tra loro per formare dei polimeri. Può avvenire anche un fenomeno di “ciclizzazione” per cui un gruppo di doppi legami reagiscono a ridosso della stessa catena che li contiene a formare una molecola ciclica che può essere aromatica se avviene l’allontanamento di due idrogeni (reazioni Diels-Alder)
  3. La ciclizzazione dei trinei e dieni coniugati può avvenire senza cessione di idrogeni, in questo caso si formeranno cicli alifatici.
  4. La disidratazione dei dieni e trieni porta alla formazione di chetoni
  5. La fissione dei dieni e trieni forma alcoli e aldeidi che, per effetto delle elevate temperature, degradano in idrocarburi e alcoli.
  6. Gli idroperossidi formano radicali liberi che degradano in epossidi, alcoli e idrocarburi.
  7. L’alimento mentre frigge assorbe olio che va a sostituire l’acqua; questa dunque evapora insieme agli altri composti volatili neo-formati (fumo).

Gli Shortening, essendo in genere prodotti studiati “ad hoc”, presentano una composizione acidica ottimale che ostacolano, almeno in parte, le reazioni di degradazione e favoriscono la produzione e cottura di alimenti di migliore qualità sensoriale e nutrizionale, specie se paragonati a quelli fritti con oli inadeguati.

alimentech in Chimica degli Alimenti,Grassi e derivati,Processi Alimentari am Febbraio 16 2012 » Comments are closed.

Estratti inossidati grazie al Naviglio Estrattore®

L’estrattore Naviglio® è l’innovativo estrattore solido-liquido che consente di ottenere da piante officinali e da frutti, sostanze non chimicamente legate alla matrice di un solido insolubile nel liquido estraente, secondo il principio del Prof.Naviglio.

“La generazione, con opportuno solvente, di un gradiente di pressione negativo tra esterno e interno della matrice solida contenente del materiale estraibile, seguita da un repentino ripristino delle condizioni iniziali di equilibrio, induce l’estrazione forzata dei composti non chimicamente legati alla struttura principale di cui è costituito il solido.”

Sostanzialmente lo strumento facilita l’estrazione a freddo di componenti aromatici attraverso l’applicazione di un gradiente crescente di pressione che viene poi ricondotto ai valori iniziali in modo molto rapido. Questo determina una pressione negativa che favorisce l’allontanamento delle sostanze aromatiche dalla struttura solida che le contiene.
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I vantaggi:

  1. Innanzi tutto è possibile ottenere una produzione di qualità rispetto ai tradizionali processi della macerazione e della percolazione. La macerazione infatti richiede tempi lunghissimi che possono estendersi a settimane o mesi, invece la percolazione non è tecnologicamente effettuabile in tutte le matrici solide.
  2. Attraverso questo strumento si ha un’elevata riproducibilità della composizione dell’estratto, ovvero è possibile stabilire a priori la sua composizione; questo è importante soprattutto nei prodotti che richiedono un elevato grado di standardizzazione.
  3. Si ottengono principi attivi stabilizzati grazie all’estrazione a temperatura ambiente. In questo modo rimane inalterato o addirttura incrementa anche il valore nutrizionale dei prodotti che si arricchiscono di sostanze antiossidanti in forma attiva e non modificata.
  4. Opera per tempi di estrazione ridotti: la struttura dello strumento e il principio su cui si fonda non richiede particolari tempi operativi ma si verifica entro pochi minuti, una o due ore al massimo.
  5. Favorisce l’idratazione rapida dei legumi
  6. Velocizza l’invecchiamento dei distillati

L’animazione facilita la compresione del sistema e le parti dinamiche che lo compongono. Lo strumento, che può essere di diverse dimensioni, prevede due pompe idrauliche. In esse è presente il materiale/matrice da estrarre e il sovente. Come si evidenzia nell’immagine, le pompe tromboconiche hanno un comportamento non sincronizzato e comprimono la soluzione. E’ evidente come la sovrapressione fino a 5 atm (detta fase statica)  e la successiva depressione fino ad 1 atm (detta fase dinamica) siano la causa dell’emissione delle sostanze adese e intrappolate nella matrice. Infine tutto il liquido arricchito di estratto, viene allontanato e sottoposto a successivi processi. In effetti è possibile estrarre da tutte le parti di una pianta o da frutti che siano in forma intera, polverizzata o sminuzzata. L’idratazione dei legumi si verifca in circa un’ora applicando il medesimo principio, mentre il processo naturale di macerazione richiedebbe circa 12-24 ore. La velocità di applicazione non favorisce la modificazione della natura chimica delle sostanze estratte in quanto ne riduce l’ossidabilità per effetto del limitato contatto con l’aria. Inoltre la stessa velocità di processo ostacola lo sviluppo di flore microbiche indesiderate. L’Estrattore Naviglio ®  è un marchio registrato e non è utilizzato solo nella produzione di alimenti e liquori, ma anche nell’industria farmaceutica e cosmetologica e per l’estrazione di coloranti naturali. Esistono modelli industriali, ma è possibile trovarne anche di dimensioni inferiori per uso domestico.

alimentech in Processi Alimentari am Febbraio 15 2012 » Comments are closed.

I Crauti: un esempio di fermentazione lattica

[banner]I crauti sono un prodotto tecnologico attraverso cui è possibile capire gli effetti della successione microbica che li valorizzano e “producono”, in particolare la fermentazione lattica. Il termine crauti deriva dal tedesco “Saukerkraut” ovvero “erba acida”. Essi non sono altro che cavoli tritati finemente, salati e fermentati. I microorganismi che determinano la fermentazione sono soprattutto quelli endogeni del cavolo stesso. Inizialmente ai cavoli tritati si aggiunge una soluzione salina concentrata al 2,5-2,8% (25-28g sale/l acqua). Il sale inibisce lo sviluppo dei batteri gram negativi e favorisce quindi lo sviluppo dei batteri lattici che sono essenzialmente Leuconostoc mesenteroides, Lactobacillus plantarum e Lactobacillus brevis. I cocchi-batteri (Leuconostoc mesenteroides) hanno una potente azione acidificante in quanto metabolizzano i zuccheri (glucosio e fruttosio) presenti nelle foglie e liberati nel mezzo acquoso in conseguenza al trauma del taglio.

La loro attività cessa quando, durante la macerazione, il mezzo raggiunge un’acidità pari a 0,8-1%. In queste condizioni Lactobacillus plantarum e Lactobacillus brevis non vengono ostacolati e possono ulteriormente acidificare il mezzo fino a raggiungere una concentrazione di 1,7-1,8%, con una percentuale esclusiva di acido lattico dell’1,2% circa. Raggiunte queste condizioni, la fase di macerazione si conclude. In genere da quando si aggiunge il sale alla fine del processo trascorrono circa 30 giorni. Il sale inoltre determina la disidratazione dei cavoli pertanto risulteranno di volume inferiore rispetto all’inizio. Successivamente alla fase di macerazione si ha la cottura (rapida)  degli stessi. Infine  è possibile confezionare i crauti in vasetti sterilizzati assieme al liquido di governo a cui deve seguire una fase di pastorizzazione. Nel caso in cui si intenda consumare i crauti in breve tempo, è possibile conservarli per 3-4 giorni in frigorifero.

I cavoli posseggono un discreto contenuto di vitamina C, tuttavia le fasi produttive dei crauti determinano la  riduzione della stessa.  I crauti sono soprattutto un contorno per Hot Dog e Wrüstel e sono particolarmente diffusi in America e nel Nord Europa.

alimentech in Processi Alimentari am Febbraio 13 2012 » Comments are closed.

Il peperoncino favorisce la lievitazione del pane

[banner]Buone notizie per gli amanti del peperoncino; molte persone infatti tendono ad aggiungerlo alla pasta, al sugo o in altri preparati per donare un certo sapore piccante agli alimenti. Alcuni studi condotti in Giappone (Università di Kobe) hanno dimostrato che questo frutto può avere funzioni tecnologiche di un certo interesse nella lievitazione del pane. In effetti è stato dimostrato che tutte le varietà di peperoncino aggiunte in forma secca alla farina di grano determinano un incremento del volume specifico (=volume/massa) delle pagnotte di pane dopo la cottura. Sembra non essere chiaro in che modo avvenga questo effetto, ma alcune ipotesi sono state dedotte attraverso ulteriori indagini comparative. Alcuni sostengono che i carotenoidi presenti possano avere qualche ruolo. L’esperimento è stato condotto utilizzando varietà di peperoncino derivanti dalla specie Capsium (paprika, pimento e kaienne).

I frutti secchi e polverizzati hanno, ognuno di essi, determinato un incremento del volume delle pagnotte cotte (cm3 /g) pari all’8% rispetto a quelle ottenute senza aggiunta di peperoncino. Sono state effettuate anche prove tecniche utilizzando peperoncini Paprika in differenti condizioni di maturazione. In particolare è stata utilizzata paprika verde e paprika verde autoclavata (o cotta). Nel primo caso è stato osservato una riduzione del volume specifico. L’aggiunta di paprika verde autoclavata invece non ha favorito ne penalizzato la lievitazione del pane. Si suppone che il peperoncino verde possieda delle proteasi che vanno ad alterare la struttura del glutine e che l’autoclavaggio del peperoncino possa aver causato la degradazione o denaturazione delle stesse proteasi rendendole in questo modo inattive. I ricercatori poi, per cercare di definire efficacemente cosa determinasse l’incremento dei pani, hanno anche utilizzato paprika matura e paprika matura autoclavata. Le due tipologie hanno facilitato ugualmente la lievitazione. Dalle due tipologie di paprika matura (autoclavata e non) è stato ottenuto un dializzato analizzato poi in HPLC. Dai risultati delle analisi si è concluso che sia i carotenoidi che alcune proteine LMW (micro-globuline, metalloproteine e retinil binding protein, RBP) contribuiscano all’arricchimento delle maglie glutiniche rendendole più forti e maggiormente capaci di trattenere l’aria nell’impasto durante la miscelazione.

alimentech in Processi Alimentari am Febbraio 11 2012 » Comments are closed.

Il mercato italiano dell’olio d’oliva riprende a crescere

Dopo una battuta d’arresto, evidentemente causata anche dagli sviluppi della crisi economica e da un momentaneo abbandono dei prodotti locali verso quelli esteri o alternativi (es. gli oli di semi), il mercato dell’olio di oliva sembra essersi avviato verso un certo andamento positivo sia per l’export che per la vendita nazionale.

Nel 2010, trainate è stato il mercato dell’extra-vergine convenzionale (ovvero quello dei grandi marchi italiani) che ha registrato un +31% nel mercato interno rispetto al 2009.

L’esportazioni di olio, soprattutto extravergine, è stata molto favorevole, e gli oli di marca hanno avuto un ruolo decisivo, infatti solo essi hanno registrato un +22,4% di vendite all’estero rispetto all’anno precedente, seguite in varie percentuali dalle altre categorie di oli. In generale, tra le esportazioni e le vendite interne si è osservato un incremento di mercato del 21,6%. Anche le altre nicchie hanno goduto degli stessi effetti positivi. [banner]

Nel mercato interno inoltre è stato osservato:

  • + 31% del mercato totale dell’olio extravergine (che include sia l’extra-convenzionale che il non convenzionale
  • – 4% del prodotto “olio extravergine 100% italiano”
  • + 12,8% olio di sansa.
  • costanti i marchi DOP/IGP e i prodotti biologici.

I dati sono stati forniti dall’ASSITOL (Associazione Italiana dell’Industria Olearia).

alimentech in Grassi e derivati,Processi Alimentari am Febbraio 09 2012 » Comments are closed.