Monthly Archive for Marzo 2022

L’olio di soia “high oleic” è piu sano

I ricercatori dell’USDA (Dipartimento Statunitense dell’Agricoltura) in collaborazione con l’Università di Kyungpook in Corea hanno selezionato due linee genetiche di germoplasma di soia capace di sintetizzare all’interno del seme una elevata concentrazione di acido oleico. Questo acido grasso, presente in alta quantità anche nell’olio di oliva, renderebbe l’olio di soia più salutare in virtù delle proprietà metaboliche dell’acido grasso monoinsaturo. Non solo. La presenza massiccia di questo acido grasso potrebbe sostituire in parte o del tutto l’impiego e la produzione di margarine. Infatti l’olio di soia ad alto contenuto di acido oleico sarebbe all’incirca solido a bassa temperatura per via delle caratteristiche chimico fisiche dell’acido oleico, rendendolo quindi più adatto alla conservazione. Inoltre si potrebbe soppiantare l’utilizzo di margarine che, come sappiamo, non sono altro che oli vegetali idrogenati chimicamente. Tuttavia il processo produttivo dell’idrogenazione che ha come scopo la trasformazione di oli liquidi in solidi (in modo tale da migliorarne la conservazione e i campi di applicazione alimentare a livello industriale) porta allo sviluppo di acidi grassi trans particolarmente tossici per il nostro organismo in quanto agiscono a livello metabolico andando ad intensificare la produzione endogena, nel fegato, di colesterolo LDL il cui mancato controllo è tra le concause di sviluppo e progressione di arterosclerosi e malattie cardiovascolari. La selezione di semi di soia alto oleico porta invece alla produzione di olio che pur  non avvicinandosi alla consistenza del burro o della margarina a temperatura ambiente non contiene acidi grassi trans ma che anzi simulando il profilo lipidico dell’olio di oliva può addirittura avere un effetto ipocolesterolomizzante con un incremento dei livelli di colesterolo HDL (quello buono). Nel 2008 l’olio di soia copriva il 70% del totale degli oli alimentari consumati in America (si presume che il consumo attuale sia aumentato), per cui è evidente la necessita di ridurre l’uso di acidi grassi trans (presenti nelle margarine industriali) nei processi di cottura e frittura ma anche come ingrediente base. Non dimentichiamo che l’acido oleico è molto stabile alle alte temperature con un elevato “punto di fumo”. Lo studio americano, recentemente pubblicato su BMC Plant Biology, illustra l’identificazione e l’uso di un paio di alleli mutanti (coppie di geni) responsabili della produzione di acido oleico nei semi di soia.

Normalmente esso presenta

  • 13% di acido pamitico
  • 4% di acido stearico
  • 20% di acido oleico
  • 55% di acido linoleico
  • 8% di acido linolenico

Tuttavia la nuova variante selezionata  presenterebbe addirittura l’80% di acido oleico e frazione variabile degli altri componenti.

alimentech in Antiossidanti,Chimica degli Alimenti,Emulsionanti,Grassi e derivati,Microbiologia Alimentare am Marzo 15 2022 » Comments are closed.

Il pane al kefir si conserva più a lungo

 

Il pane è uno degli alimenti cardine della dieta mediterranea e pertanto dovrebbe essere sempre presente sulle nostre tavole insieme alla pasta, anche se alcuni nutrizionisti consigliano di ridurne il consumo per non alterare troppo i valori della glicemia. Il pane dunque non può che aumentare il proprio grado di diversificazione con uno sguardo alla conservabilità dello stesso. Infatti il pane tende a perdere gran parte delle proprie proprietà sensoriali troppo rapidamente dall’acquisto. Un gruppo di ricercatori greci hanno dimostrato come aggiungere il kefir alla preparazione del pane possa incrementare la conservabilità ma anche la variabilità sensoriale dello stesso. Il kefir e una bevanda molto nota nelle zone dell’ex Unione Sovietica e si prepara a partire dal latte di mucca, capra o pecora in cui sono aggiunti i “sali di kefiran”. Questi corrispondono ad una rete di monosaccaridi, il D-glucosio e il D-galattosio più o meno in eguali proporzioni, prodotti da batteri facenti parte dei lattobacilli kefiranofaciens e kefiri i quali rimangono intrappolati nella rete glucidica formando i granuli (o sali). Il lavoro di ricerca greco, pubblicato nella rivista Food Chemistry, ha approfondito alcune delle ricerche precedenti in cui si riconosceva il miglioramento delle caratteristiche aromatiche e di texture del pane al kefir ma in questo lavoro hanno anche cercato di definire la portata temporale di tale miglioramento. In particolare il pane veniva prodotto attraverso una pasta acida come lievito madre in cui erano stati disciolti sali di kefir tra il 10 al 20%. Successivamente il pane veniva analizzato per un tempo di 5 giorni dalla preparazione e confrontato con pane prodotto da pasta acida senza i fermenti lattici. I campioni sono stati analizzati usando la tecnica della micro-estrazione in fase solida (SPME) e analizzati in gascromatografia (CG-MS). In tutti i pani, sia quelli arricchiti che non, sono state riscontrate riduzioni dei componenti aromatici ma i pani arricchiti di kefir, oltre a presentare un profilo di composti aromatici più ricco, riducevano i propri composti volatili meno rapidamente nell’arco dei 5 giorni di test. In particolare il pane arricchito con lievito al kefir al 20% ha dato i risultati migliori sia in termini di conservabilità che di miglioramento dei parametri sensoriali generali (morbidezza, aroma, gusto).

 

 

 

 

alimentech in Chimica degli Alimenti,Emulsionanti,Microbiologia Alimentare,Polisaccaridi,Processi Alimentari am Marzo 15 2022 » Comments are closed.